Fosca by Igino Ugo Tarchetti

Fosca by Igino Ugo Tarchetti

autore:Igino Ugo Tarchetti [Tarchetti, Igino Ugo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Lindau
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


XXX

In quel frattempo, prevedendo il dolore che avrebbe cagionato più tardi a Fosca una mia gita a Milano, mi v’era recato furtivamente, e nel giorno stesso in cui ella mi mandava questi ultimi cenni sulla sua vita, riceveva da Clara la lettera seguente:

«Ti ho accompagnato col pensiero fino a ***. Sono le tre dopo mezzanotte, e tu vi arriverai in questo momento. Ho voluto coricarmi subito appena ti ho lasciato, e alzarmi adesso per scriverti e per veder spuntare il giorno. Dico che ho voluto accompagnarti col pensiero, perché dormendo era sicura di sognarti. Oramai vi sono sì avvezza, e mi par cosa sì naturale, che se passassi una notte sola senza sognarti ne sarei spaventata.

«Non puoi credere la strana impressione che mi fa questo trovarmi alzata in quest’ora. Che silenzio, che raccoglimento! Pensare che mai nella mia vita ho passato quest’ora svegliata! È una cosa semplicissima; pure è un’idea che mi colpisce. Io vivo adesso in un istante che era venuto migliaia di volte nella mia esistenza, e in cui non aveva mai vissuto. Sono anche contenta di poterti scrivere in questo momento, perché ora tu dormi e mi pare che tu mi appartenga di più. Non so cosa pagherei per vederti dormire! Non ho mai potuto comprendere perché si trovi sì gran piacere a vedere dormire una persona che si ama; forse perché possiamo vederla, guardarla, pensarci liberamente, senza bisogno di dissimularle le sensazioni che ne proviamo; perché la vediamo come disarmata, mansueta, migliore? O piuttosto non avviene egli perché in quell’abbandono apparente della vita materiale, vi è una trasparenza che ce ne lascia veder l’anima? Quando vedo dormir mio figlio ne sono quasi sicura.

«A proposito di mio figlio, ho trovato mezzo di inserire anche il tuo nome nelle orazioni che gli faccio dire tutte le sere. Giorni fa, passando con lui presso un venditore di immagini di chiesa, ecco lì una litografia colorita di ruggine di ferro e di rosso di mattone, che rappresentava san Giorgio a cavallo in atto di combattere il drago. Quel cavallo, quel drago lo hanno colpito vivamente. Glie l’ho comprato, e gli ho detto che essendo quello il santo il quale uccide i draghi che mangiano i cattivi fanciulli, conveniva ricordarsene tutte le sere nelle sue orazioni. Se le sue preghiere hanno un valore, Iddio ne terrà conto lo stesso; del resto io sono già felice di sentirlo pronunciare il tuo nome.

«Voglio andare domani a passeggiare lungo la via che va a Loreto, dove abbiamo fatto colazione insieme ieri l’altro. Come siamo stati felici! Dio mio! Ma veramente io sono sempre stata felice. Davvero, Giorgio! Sono nata così. Un’altra donna, col mio passato si reputerebbe miserissima: io no, sento che sarei ingiusta a lagnarmene. Prima che ti conoscessi ero felice di una felicità mesta, passiva, inconsapevole, felice come lo sono i fanciulli, ma nondimeno lo ero. Te lo dico perché quel debito di gratitudine che io n’ho al cielo mi par quasi che lo esiga. Ho piacere che tu, che altri lo sappiano, come si ha piacere a far conoscere, e a conoscere una buona azione.



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